Oggi, 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Non metto immagini di scarpette rosse, però vi racconto la mia esperienza diretta che forse qualcuno avrà già letto sul mio blog, ma la ripropongo per chi ancora non sa che io sono una sopravvisuta.
Non avevo ancora sedici anni e il mio fidanzatino di ventidue aveva deciso che nel mese di agosto saremmo andati in vacanza in Spagna, voleva vedere l’oceano Atlantico dallo Stretto di Gibilterra.
In casa raccontai che andavamo in campeggio con amici ad Albenga perché, se avessi detto che uscivo dall’Italia, a mia mamma sarebbe venuto un colpo.
Lui mi istruì su tutto compresi i documenti da trovare per andare all’estero poiché, essendo io minorenne, dovevano contenere il nome di una persona che mi accompagnava, lui ovviamente.
Io non ero contenta di andare così lontano da casa, il viaggio era lungo, avevamo pochi soldi, una tenda da campeggio militare senza fondo e una Panda della prima ora, con sedili comodi come quelli in legno dei treni quando ancora esisteva la terza classe.
Come sempre si faceva ciò che lui voleva, io non contavo nulla perciò se mi fossi ribellata avrei avuto brutti guai.
Stavamo insieme da circa tre anni, i primi mesi tutto filò via liscio poi, quando dichiarai che volevo lasciarlo perché non mi sentivo pronta per una relazione importante, iniziò il mio calvario adolescenziale, quello che distrusse definitivamente la mia gioventù.
Benché non avesse alcun rispetto per me poiché il mio ceto sociale era plebeo, io ero sua e solo lui poteva decidere se e quando mi avrebbe lasciata.
Lui era povero esattamente come me, però era figlio del custode del liceo, abitava nella casa del liceo e ogni giorno vedeva passare la meglio gioventù della città, gente ricca e con tanta puzza sotto il naso.
Gli sarebbe piaciuto assurgere al livello di quei ragazzi, ma dovette accontentarsi di ostentare una fidanzata bella e povera in canna.
Era incattivito, manesco, fascista e rancoroso nei confronti di una madre despota, anche per questo io ero il suo capro espiatorio preferito.
Mi voleva perché ero la ragazzina più bella in città, quella che tutti filavano, e lui mi agganciò appena misi il naso fuori casa, alla prima festa della scuola che frequentavo insieme a suo fratello minore.
Dall’alto dei suoi quasi vent’anni ci mise un attimo a farmi prendere una cotta solenne che durò giusto il tempo delle mele.
Quell’infatuazione per me divenne una prigione di massima sicurezza dalla quale sarei uscita solo morta, questo era il regolamento carcerario del quale racconterò in un altro momento, adesso parliamo della vacanza in galera.
Partimmo una notte dei primi di agosto, attraversando la Francia tutta in un fiato, fermandoci solo per dormire in macchina che, ovviamente, non aveva i sedili ribaltabili.
Si mangiava per strada facendo una spesa minimale nei supermercati, dovevamo arrivare alla meta e, con i nostri mezzi, l’unica possibilità che avevamo per farcela era fermarci il meno possibile.
Non ricordo più quanti giorni passammo in auto, ma mi parvero infiniti.
Lui era uno schiacciasassi instancabile, pur non avendo il cambio alla guida, la sua determinazione gli impediva di sentire la stanchezza e, ovviamente, io dovevo essere alla sua altezza.
Non potevo lamentarmi se il cibo non mi piaceva, se ero stanca, se volevo dormire, se chiedevo di fare due passi per sgranchire la gambe, altrimenti volavano schiaffoni.
La meta era Marbella, lì avrebbe scelto un campeggio economico e poi avremmo esplorato la zona sino a raggiungere Gibilterra.
Racconto solo un paio di aneddoti giusto per dare un profilo a quella mia vacanza.
Lui decise che saremmo andati a vedere la corrida, spettacolo sanguinario che io detestavo.
Nella plaza de toros si esibiva un famosissimo torero e la folla occupava ogni ordine di posto.
Il biglietto era costoso, ma era d’obbligo poter testimoniare che lui aveva assistito alla corrida, perciò si accaparrò il diritto di entrare.
Per me fu un’atroce tortura assistere a tanto spargimento di sangue.
Posso garantire che la corrida è uno spettacolo orribile, il toro è completamente rimbambito quando arriva in arena, gira come un pazzo sbattendo da tutte le parti mentre i picadores e i banderilleros gli danno addosso per circa un’ora, stordendolo con movimenti veloci, provocandolo e continuando a ferirlo facendogli perdere sangue da ogni parte del corpo.
Il torero appare solo verso la fine e, dopo aver fatto qualche balletto con la famosa capa davanti a un animale ormai in punto di morte, gli assesta il colpo finale tra capo e collo con una lunga spada.
Ma quel giorno il povero toro non cadde al primo colpo, ne servirono ben quattro dati da altri due toreri giunti in “soccorso” del “famoso” che non riusciva ad ammazzare un animale già morto.
Io stavo malissimo, vomitai e mi misi a piangere, mi alzai in piedi imprecando contro quegli uomini e tutta quella crudeltà.
La gente mi guardava e rideva, lui mi prese a schiaffi, m’intimò di sedermi e tacere e la sera, per punizione, mi fece dormire fuori dal sacco a pelo, nella tenda militare senza fondo dove mi coprii con i teli da mare ancora bagnati.
Il secondo episodio che ricordo amaramente si verificò mentre stavamo attraversando in auto lentamente una piccola città.
Passando vicino alla fermata del bus lui notò una bella ragazza in attesa del mezzo.
Fece retromarcia, si fermò per chiederle se voleva un passaggio, intimandomi di andare nel sedile posteriore. Lei sorrise, ma rifiutò gentilmente.
Io protestai per quel gesto sgarbato nei miei confronti, e lui mi prese a botte mentre gli automobilisti dietro di noi suonavano per dirgli di smettere.
Lascio altri particolari del viaggio all’immaginazione di chi legge.
Ho un solo ricordo positivo di quella vacanza infernale, uno solo ma bellissimo.
Eravamo a Marbella e una sera, passeggiando per le viuzze della città, udii un canto soave.
Due ragazze con voci angeliche cantavano MalagueÑa Salerosa accompagnandosi con le chitarre.
Durò solo pochi minuti, ma in quei minuti dimenticai l’inferno che stavo vivendo.
Sono tre giorni che leggo questo testo, e ancora non trovo le parole. Rabbia, dispiacere e, soprattutto, una profonda vergogna. Come si può leggere tutto questo e restare impassibili? Le tue parole, così ben strutturate, colpiscono come un pugno al cuore, sfiorano la sensibilità e fanno emergere il peso che hai dovuto portare con te.
Nadia, vorrei andare ora nella casa di quel liceo, ma sono certo che non troverei nulla. Né risposte, né tracce di chi è stato o di chi avrebbe potuto essere. Ovunque si trovi adesso, chi è e chi non sarà mai resteranno impressi nella memoria di chi ha letto queste parole.
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Caro Francesco, mi trovo in difficoltà a raccontare queste cose perché temo di ferire la sensibilità di chi legge. Eppure è successo a me… 🫂
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Che incubo, caspita! Purtroppo continuiamo a leggerne tutti i giorni in cronaca di aguzzini come questo…
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Oggi, come ogni giorno, mi chiedo perché non possiamo essere felici essendo uguali. Perché devi danneggiare ed esercitare il possesso. Perché devono dire “L’ho uccisa perché era mia”. Sono così piccoli da non riuscire a convincere qualcuno a stare con loro di loro spontanea volontà?
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La sopraffazione è prerogativa di molti umani.
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Dirti che mi dispiace non serve, perché eri troppo giovane per uscirne, capisco che non sopporti le ricorrenze vuote, ma ho una discreta esperienza nei movimenti femministi che ho frequentato da adolescente, ti assicuro che comunque è stato un primo passo, le donne si parlavano e confrontavano finalmente fuori dal contesto familiare.
Ora molti significati importanti sono stati svuotati, ma credo ancora da illusa perenne che superando la famosa rivalità e’ proprio dal confronto con altre donne che si può provare ad affrontare situazioni violente e prevaricanti.
Non serve la piazza e’ vero ma i simboli contano, solo una mia opinione.
Ti abbraccio 👠🐈⬛❤️
Mi dispiace per la scarpetta rossa ma ha un perché personale 🐈⬛🐈⬛
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E io abbraccio te. ❤
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❤️
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Ricordo che ne avevi parlato anzi, avevi parlato non solo di questa vacanza ma bensì dell’intera relazione tossica che hai vissuto, è proprio il caso di dire che sei una sopravvissuta 🥀
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Proprio così… ❤
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Che dire…. potrebbe essere un video di uno dei tanti ” artisti ” contemporanei di un genere che non voglio neanche nominare, allevati a violenza verbale e ” Parental Advisory explicit conten ” …salvo poi vederli in TV ( osannati ) a fare da testimonial….fino a quando non capita a loro. Scusa lo sfogo ma queste giornate internazionali mi sanno di vuote e ipocrite.
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Io le detesto proprio.
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❤ le esperienze così forti , in qualche modo ti cambiano . Ti sono vicino , perchè anche se diversa , ho vissuto anche oi un'esperienza di violenza e sottomissione. Da allora ho imparato che esistono i confini, e che i miei sono sacri . E a capire abbastanza da subito se vi è il germe della violenza negli uomini che incontro , ma più che vedere che c'è capire se l'hanno elaborato e ne sono consapevoli .
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È fondamentale che le donne imparino a capire ed allontanarsi da questi uomini.
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Mio Dio sembra un tacconto dell’orrore!!! Mi spiace per te Nadia. Capisco quanto l’accaduto possa averti segnata 🥺Ti abbraccio❤️
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🫂❤️
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Se a fare la fine del toro ci fosse certa gente, sarebbe meglio per tutti.
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Penso che la tua testimonianza valga più di tutte le scarpe rosse o le panchine. 🌹❤️
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❣️
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