
Quando frequentavo le scuole medie un professore, lievemente più sensibile dei normali insegnanti, mi disse: “Non ho ancora capito se l’alunna Nadia Mogni dorme a occhi aperti, oppure sta con la mente da un’altra parte. Mi fissa con attenzione, ma sono certo che dietro quello sguardo lei non c’è. Credo stia vagando in chissà quale mondo lontano da noi”.
Avrei dovuto rispondere: “la seconda che hai detto”, ma ovviamente stetti zitta e recuperai lo sguardo attento che lui non trovava. Solo per il tempo necessario a distrarlo da me, poi tornai a farmi i fatti miei coi pensieri fuori da quella scuola che mi annoiava a morte.
Tra le tante anomalie coltivate fin dall’infanzia c’era anche la noia. Non una noia normale di quelle che assalgono qualunque studente mentre il professore spiega; la mia era, ed è tuttora, una noia perenne che mi assilla da sempre. Qualunque cosa faccia, dopo qualche tempo, mi riesce difficile continuare a trovare lo stimolo per seguirla. Per ovviare a questo fastidioso intoppo, che talvolta rende la vita difficile, mi sono presa la libertà di vagabondare con la mente, in qualunque situazione io sia fisicamente. Anche per questo motivo, oltre ad avere una fantasia discretamente ampia e audace, ho iniziato a inventare storie poi trasformate in centinaia di racconti più o meno leggibili.
Certamente questa abitudine è comune a tante persone, ma in quelle come me è un’autentica via di fuga per la sopravvivenza. Sembra esagerato citare addirittura la sopravvivenza, ma so che qualcuno capisce perfettamente.
Negli ultimi tempi, purtroppo, ho le classiche palle di piombo, non attaccate ai piedi ma al cervello, pertanto la via di fuga prediletta è deviata inesorabilmente dentro vicoli oscuri e maleodoranti, dove i miei pensieri vanno a infrangersi come la testa lesa di una ottuagenaria che continua a chiedersi che giorno è oggi.
Se penso che tra qualche anno (covid e accidenti vari permettendo), sarò anch’io messa così, con la mente invasa da paranoie non letali che fanno soffrire senza mai morire, esattamente come mia madre negli ultimi anni della sua vita longeva rallegrata da una pensione sotto la soglia di sopravvivenza, mi auguro di essere fulminata da un Giove incazzato nero per aver scoperto che Giunone gli mette le corna.
Tra qualche anno sarò vecchia, senza un centesimo da cacciarmi in un occhio, sola senza neppure un cane poiché non avrò possibilità di mantenerlo, priva di corteggiatori morti di figa poiché avrò le tette sulle ginocchia e il culo sulle caviglie, ma principalmente orfana anche di quell’unica via di fuga, il vagabondaggio mentale, che mi ha salvato la vita. Quella umana s’intende…

È intelligente ma distratta! Ha la testa fra le nuvole! Ecco … diagnosi scolastica in quinta elementare… credo di non esser mai rientrata nel perimetro del “qui si sta con i piedi per terra” ancora adesso che ne ho 56. Emmenomaleeee!😬
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Allora siamo uguali. 😅
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Essere così ci distingue dalla massa. È fantastico!
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La discriminante è fin quando si può fare quello che si vuole, secondo me. Fare e pensare. Dicono che la vita all’aria aperta aiuti a invecchiare più lentamente
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E se invece le fughe mentali, il tuo vagabondare celebrale fossero la tua chiave di volta? Ti immagino mentre la tua mente viaggia e vagabonda per mondi e situazioni più o meno improbabili e poi quei viaggi li trasferisci sulla carta… Non c’è niente di ineluttabile, niente 🐾🍀
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È proprio quello che faccio, per fortuna mi salva l’ironia, altrimenti certi racconti dei miei libri sarebbero storie horror 😅
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Be’, potresti inaugurare un tuo nuovo stile 💀👻☠ :-))))
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La fuga mentale, scappare fuori con la mente, uscire da noi stessi per ritrovare qualcosa che abbiamo perduto e dimenticato da qualche parte. Una bella caccia al tesoro.
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Piena empatia. Da piccolo mi portarono dall’otorino pensando non sentissi bene. Poi la scuola media.. caspita che ricordi. I tre anni “più buttati” della mia vita ma non solo. Ti capisco Nadia, era un’ancora di salvezza e immagino lo sia ancora anche per te.
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Data la mia situazione mentale, posso che spesso è stata un salvavita.
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❤
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Presumo che vivi sola. Da giovane capisco essere spensierata, ma ora in età adulta, questa è paura del domani. Io accudisco mia madre, che non parla più, è alettata e ora è subentrata la demenza senile, ma non riesco a vivere in un altro mondo. Quello che voglio dire, dio non dovrebbe far accadere tutto ciò, se tiene all’essere umano. Quando sarò solo, se non schiatto prima io di mia mamma, sarei nelle tue stesse condizioni. Avevo fatto progetti per la pensione, ma questo covid-19a me li sta portando via.
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Sì vivo sola e non ho parenti, e preferirei morire piuttosto che essere rinchiusa in una casa di riposo.
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Capisco la noia (anche se in questo periodo la sperimento in modo diverso) e il tuo bisogno di vagare in altri mondi…
Se mai dovesse accadere che la tua mente ti lasciasse “a piedi”, spero che la tua vita spirituale per allora sarà già lontana.
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In effetto un po’ c’è da augurarselo, il vagabondaggio mentale geriatrico. Una sorta di pensione serena.
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Eh, mica tanto. Tre anni fa ho fatto compagnia per un anno a una signora con l’Alzheimer, piangeva tutto il giorno disperata perché non ricordava più niente e mi tormentava continuamente.
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Per un motivo si piangerà comunque, da vecchi. Almeno non ricorderò per quale…
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Io spero di morire prima di diventare così.
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All’apice, prima della discesa. Insomma, ritirarsi da campione imbattuto, mi piace!
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Ecco, tette e culo a parte è presumibilmente lo stesso destino che attende anche me.
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