Opinione · qualche pezzo di me

Una ragione per vivere

Dietro ogni suicidio esistono spiegazioni differenti che i vivi non potranno mai conoscere, l’unica cosa pressoché certa è la disperata sofferenza interiore che accompagna l’estremo gesto.

Quando frequentavo Twitter, casualmente, incontrai una frase che mi ha portata a una lunga riflessione molto importante per me. La frase, scritta da una donna, diceva “Chi non vuole essere ferito dalla vita, per favore, non nasca”.
Lei non era nella mia TL, ma ho comunque risposto: “Non ho mai avuto il coraggio di dire a mia madre che mi ha fatto un grosso dispetto”, riferendomi ovviamente al fatto di avermi messa al mondo.
Lei ribattè: “nascendo, ne abbiamo fatto uno immenso a loro”.
Queste parole aprirono dentro me un percorso di riflessioni che mi portarono ad una pseudo conclusione per la mia anima perennemente in giro a cercare risposte.
Oltretutto dando alla frase l’interpretazione che mi venne spontanea, non avendo lei precisato se intendeva ‘piacere’ o ‘dispetto’, ho dato per scontato che fosse “piacere”.
Di conseguenza il filo tortuoso della mia psiche portò il pensiero conclusivo ossia che sono nata per rendere felice mia madre.

Effettivamente ripercorrendo l’esistenza della genitrice, dalla nascita sino alla morte, posso tranquillamente affermare di essere stata per lei motivo di gioia, e di vita.
Sono stata sicuramente la creatura più amata da lei in senso assoluto, ha dato il sangue per donarmi quel poco o tanto (dipende dai punti di vista) che ho avuto in senso materiale; mentre, affettivamente, s’è strappata l’anima finché è rimasta in sentore pur di vedermi serena.
Cosa malriuscita non per causa sua, ma per gli eventi che fin dalla prima infanzia hanno disseminato di sassi taglienti il mio percorso nella vita.
Infatti, come già ho detto più volte, da 5 a 19 anni la mia esistenza è stata danneggiata pesantemente da episodi che adesso si chiamano pedofilia e stalking.
Quindi posso dire di aver conquistato la libertà verso i vent’anni, con un intero corredo di disagi da smaltire sopra una vita ancora tutta da inventare. La mia personalità già difficile per natura, ha sopportato pesanti guasti che ancora oggi condizionano tutto il mio “essere” umana.
Queste premesse mi hanno indotta più volte a pormi la classica domanda “che cacchio sono nata a fare” e, di conseguenza, “mamma perché mi hai messa al mondo”.
Nel mio profondo, cieco e disperato egomondo fobico, ho sempre pensato soltanto alle mie sofferenze pur vedendo e capendo perfettamente anche quelle di mia madre.

Negli ultimi anni della sua vita, causa la sua infermità fisica, le sono stata vicina al punto di dovere diventare io una madre per lei.
Prendendo gravi decisioni e occupandomi della sua esistenza in tutto e per tutto poiché mio padre morì quando io ero piccola, e sia io sia lei siamo figlie uniche di figlie uniche.
Una lunga discendenza di donne destinate ad essere “uniche”, da me interrotta poiché non ho fatto figli per una precisa e motivata scelta.
Così s’accese quella semplice quanto presuntuosa ma ovvia idea dentro la mia mente: sono nata per dare un senso alla vita di mia madre.

Non saprò mai quanto sia vero o falso ciò che mi ero messa in testa.
In ogni caso mi indusse a pensare di essere nata per uno scopo, che tuttora potrebbe essere l’unico: aver dato uno scopo alla vita di mia madre.

Wieslaw Smetek Tutt’Art@

22 pensieri riguardo “Una ragione per vivere

  1. Tocchi un punto per me importante. Viviamo anche per gli affetti a cui teniamo, che siano figli o genitori, per sostenerli. Ammiro il coraggio dei santi che annullano se stessi dentro un ipotetico e incomprensibile disegno Superiore. Li ammiro perché io non ne sono capace. E per quanto ogni ragione affettiva attorno a sé rappresenta già una forte ragione, molto concretamente penso (lo dico per me innanzitutto), una finalità che attiene il proprio io forse bisogna averla. Può sembrare egoistico (e non mi riferisco a divertimento ed edonismo, si badi bene) ma un “gusto” del tutto personale bisogna mantenerlo.

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  2. Alla fin fine, nasciamo per dare una possibilità al genere umano di continuare ad esistere, così come avviene per le altre forme di vita.

    Ovviamente la componente “amore” gioca un ruolo fondamentale.
    Si fa nascere un figlio non tanto per fare un favore al genere umano, quanto per avere qualcuno da amare e, non ultimo, poter avere aiuto in caso di bisogno futuro. Questo avviene in ogni comunità di esseri umani, dove l’anziano necessita di aiuto e sostentamento.

    Anch’io mi chiedo: ho sopperito al mio scopo?
    Risposte definitive non ce ne sono, ma il fatto di poter aiutare i miei familiari (papà, moglie, figlio) credo che possa essere esplicativo, così come l’aiuto che tu hai dato a mamma quando lei ha avuto bisogno di te.

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      1. Ma che cavolo dici!
        Non è che noi viviamo in funzione degli altri.
        Tu vivi in quanto Nadia, hai una mente ed un’anima.

        Piuttosto, se ti senti più gratificata nel sentirti utile agli altri (cosa lodevole) puoi sempre dare il tuo contributo come volontaria in qualche associazione o luogo.

        (perdonami, non sono un dispensatore di consigli, è solo il mio pensiero)

        Ciao Nadia.

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  3. Dare un senso alla propria vita…problema da niente!!
    Per molti è come agitarsi nelle sabbie mobili…. specialmente se nell’equazione ci mettiamo la famiglia ( quella che non ti scegli ). Ma a volte anche nei grovigli tortuosi si può scorgere il filo di un aquilone….
    Grazie Nadia.

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  4. Mi dai lo spunto per una riflessione quasi speculare…

    Sai che scrivo molto di mio padre ma molto poco di mia madre: in parte è una forma di “scaramanzia” ma fondamentalmente è una questione di riservatezza. E’ lo stesso motivo per cui (salvo rarissime eccezioni, facciamo una 😉 ) non pubblico mai foto di persone a me care se calpestano ancora questa terra. Ebbene, mia madre è da sempre quella che chiameremmo una persona “con dei problemi” e anche se ora, incamminandosi verso i 90, ha sviluppato un certo attaccamento alla vita non è stata immune in altri tempi da pensieri tesi all’autoannullamento. Una volta al termine di una lunga conversazione che si capiva da lontano dove andasse a parare, mi chiese: “ma la mia vitaccia zozza (sic!), che senso ha ?”

    Non ci pensai nemmeno un attimo: “se non fosse stato per la tua vitaccia, io non sarei qui, mi sembra abbastanza. Inoltre, anche se potrebbe non sembrarti, io sono felice che tu ci sia. Giorno dopo giorno, anche oggi che ci vediamo una volta ogni due mesi quando va bene. Sei mia madre, cerca di rimanere tale più a lungo possibile, grazie”.

    Problema risolto. Non ne abbiamo più parlato 😉

    Per me la questione è diversa, non essendo padre, però almeno ho dalla mia che nonostante le mazzate prese non ho mai pensato al suicidio. Forse – non senza una certa dose di vigliaccheria – ho messo in atto comportamenti compatibili (tipo fare lavori pericolosi, cadere come un tordo nell’alcolismo grave o anche ricominciare a fumare dopo aver smesso per dieci anni), ma l’idea di togliermi volontariamente dal mondo non mi ha mai sfiorato: in fondo sono uno che si accontenta davvero di poco, quindi riesco sempre a trovare quella piccola motivazione per arrivare a vedere domani che succede. In più (questo è un piccolo segreto ed anche un consiglio per chiunque dovesse trovarsi a pensare a certe cose) ho fatto in modo di totalizzare più nemici che amici. Quando ti rendi conto che sono di più le persone che ti vogliono morto rispetto a quelle che nel caso ti piangerebbero, sei automaticamente al sicuro.

    Quanto a te (e scusami se mi sono dilungato come al solito), la motivazione che hai suggerito è ammirevole ma non è certo l’unica: è stata parte della tua missione, però la missione non è finita lì. Ogni più piccola parte della tua personalità che viene alla luce è un piccolo contributo che dai alla vita di chiunque ne abbia notizia: ogni pensiero che scrivi (dalle due righe di un commento al libro intero), ogni canzone che pubblichi, ogni paesaggio che fotografi, ogni articolo che ripubblichi è un qualcosa che smuove la mente di chi riceve il messaggio. Nella mia visione dell’umanità ci sono tre tipi di persone: quelli che ti tirano giù con loro, quelli che non esistono e quelli che ti elevano facendoti pensare. Tu fai parte del terzo tipo, la tua missione è quella.

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  5. A falta. del idioma para leer tus libros, tengo tus escritos que los puedo traducir y la verdad que este, especialmente, me conmueve hasta mi alma. Solo hace que te admiré, aún más, como mujer empoderada, luchadora y una escritora con talento natural para dejar huellas en la literatura. Un gran abrazo con todo mi cariño Nadia querida.

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  6. Questo articolo è un susseguirsi di emozioni e contrasti amore e periferie sarebbe il titolo giusto. Poi tu Nadia, un termometro di quelli antichi con le punte di mercurio che impazzivano di colpo, metafora per descrivere la tua narrazione. La storia è struggente e di quella che meriterebbero una lunga serie di articoli. Voglio però non parlare di ciò che dici, perché fa rabbia, e io che amo la bellezza dei gesti queste storie le subisco il doppio. Voglio parlare di te e solo di te, che ogni volta che scrivi riesci sempre a cambiare l’ordine delle cose. Tu sei però la dimostrazione che il metallo può solo cambiare forma e aspetto, e nonostante tutto ogni parola è ricca di tanta forza e sei qui con questo articolo per me meraviglioso a dir di te e quello che mi arriva è sempre, anche se insisti. La bellezza di una grande anima che mi lascia sempre senza parole, le tue parole che usi come coriandoli dopo carnevale…restano anche dove non arrivano. Immensa… tu sei uno scrittore che io apprezzo da anni e quando premi il gas… tu lasci tutti a cercarti mentre tu sei già lontano….brava.

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