famiglia · Opinione · qualche pezzo di me

Mia Madre

Tra i tanti argomenti attualmente in circolazione, quello delle donne maltrattate è prevalente.
Considerando ciò che gira intorno, mi pare giusto.
Ieri su “FugadaPolis” ho condiviso la mia esperienza personale come adolescente maltratta, oggi invece voglio parlarvi di un’altra donna: mia madre.
Ne voglio parlare perché vedo tante donne che, come me, denunciano le proprie sofferenze passate o presenti, ma pare che nessuno si volti indietro per guardare come ha vissuto chi ci ha messi al mondo.
Mia madre era la persona più innocentemente altruista che ho conosciuto, uso questo aggettivo perché lei non sapeva di esserlo, innocente e altruista. L’altruismo faceva parte della sua personalità.
Non sto dicendo che era una santa, era umana con tante debolezze come tutti gli umani. La sua vita è stata durissima, rimasta orfana di madre a tre anni, fu mandata dal padre in un collegio gestito da suore perché lui non la voleva con sé.
Suo padre, che dimenticò di avere una figlia, morì quando lei aveva quindici anni, e quel colleggio per lei divenne l’orfanotrofio perché era rimasta sola al mondo, a parte due sorelle del padre che fecero sparire la piccola dote avuta in eredità da mia nonna.
Qui apro una piccola parentesi su mia nonna, per spiegare che era una donna bella, figlia unica di famiglia benestante, che sposò mio nonno, un poveraccio con l’unica caratterista di essere bellissimo e prestante, un pezzo d’uomo alto un metro e novanta nei primi anni del 1900.
Anche lei fece una brutta fine, morendo di tubercolosi a soli ventricinque anni totalmente trascurata dal marito.
Come vedete la mia genealogia femminile verticale è dritta, siamo tutte figlie uniche, anche la mia bisnonna era figlia unica, cosa rara a quei tempi.
Ma torniamo a mia mamma.
Da tre a ventun’anni tutta la sua vita si svolse in collegio, dove le suore la fecero studiare e le insegnarono tutte le cose che una donna doveva fare, anche perché le suore usavano le orfane come servette.
Le suore del collegio erano cattive e trattavano male le orfane; mia madre mi raccontava di quanto le facessero stare al freddo, con poco cibo, le spanventassero con azioni a dir poco da lager come aizzarle contro un cane che le lasciò un ferita sul collo.

Quando diventò maggiorenne le suore le dissero che doveva lasciare il collegio, però lei, non avendo mai conosciuto altro mondo che quello delle mura dell’orfanotrofio, chiese di diventare suora. Ma le suore la rifiutarono perché sua madre era morta di tubercolosi, perciò lei non aveva un buon pedegree, quindi a ventun’anno mia madre si trovo in mezzo a una strada con un valigino in mano, da sola, senza un soldo, convinta di poter rimanere incinta anche soltanto parlando con uomo, questo le avevano insegnato le suore prima di sbatterla fuori.
Ma fuori c’erano ancora le sorelle di suo padre pronte ad accoglierla per schiavizzarla come avevano fatto le suore.

Franca, così si chiamava, decise di andare a Genova a fare la donna di servizio in una casa signorile, il primo lavoro che le capitò lontano dalle zie.
Dopo un po’ di anni, con qualche soldino da parte, tornò a Tortona (la nostra città), trovò lavoro come cameriera in un albergo vicino alla casa dove abiatava mio padre che faceva il calzolaio.
Così si conobbero e si sposarono.
Il ginecologo aveva detto a mia madre che non poteva avere figli ma, a sopresa, arrivai io.

Per oggi mi fermo qui perché è faticoso e anche doloroso scrivere su mia madre, ma ho ancora la nostra vita insieme da raccontare.

41 pensieri riguardo “Mia Madre

  1. quanta sofferenza ma anche quanta determinazione e forza di volontà avevano certe donne, considerato anche il periodo storico in cui sono vissute. E ti capisco quando dici che duole all’animo raccontarne la storia. Un abbraccio Nadia

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    1. Cara Daniela, la storia di mia madre e di mio padre serve per chiarire il motivo dei miei silenzi sulle mie vicissitudini. Loro avevano tanti problemi e sofferenze precedenti alla mia nascita e io non volevo caricare ulteriormente la loro vita.

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      1. non sto a raccontarti ora le difficoltà dei miei, ma hanno vissuto in piena gioventù la guerra e vicissitudini molto particolari. Mio fratello, più grande di me è nato in una situazione ancora parecchio difficile, Io sono nata dieci anni dopo in condizioni diverse, ma so comunque quanto hanno tribolato fino agli anni 70,

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  2. Ci sono sorprendenti analogie tra la storia di tua madre e quella di mio padre, forse ancor di più con quella delle mie zie, sorelle del babbo. Anche mia nonna aveva sposato un bellimbusto, anche mia nonna morì di tubercolosi (lei a 33 anni, dopo aver fatto cinque figli), anche mio nonno se ne andò per i fatti suoi lasciando i figli o presso parenti o in collegio…

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  3. Struggente il racconto su tua madre, e lo dico perché anche quello della mia lo è.
    Scusami tanto, ma visto che spesso rebloggi altri articoli, perché non lo fai anche con quello di FugadaPolis? Io non lo seguo, ma mi piacerebbe sentire la tua storia

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  4. Se me ha escapado el dedo. Quería decirte que comprendo tu dolor. Yo misma, según iba leyendo, me he sentido con el corazón en encogido. No te recrees en el sufrimiento. Triste pero ya pasó. Un abrazo grande.

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  5. Nere vicende,Nadia. E non c’è un recinto che le contenga,no,dilagano come sempre,anche se di più osservando. La violenza è comunque UNA, ed è quella prodotta tra uomo e donna come tra persona e persona – inclusi i minori. Infatti,chi sa credere che un marito,un padre,un fratello o chiunque sia,possa essere malvagio a “settori”? Che forse un delinquente in famiglia può essere un bravo amico,compagno o un buon cittadino?
    Chi lo crede s’inganna!

    Ciao,lieto pomeriggio!🖐️🖐️😊🌞

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  6. Un racconto molto bello e ricco di sensibilità e amore.
    Purtroppo queste vite, sembrano esistenze di altre epoche, quando in realtà ci dividono da loro soltanto pochi decenni.
    Rispetto per il dolore e il sacrificio che accomunò tante nostre nonne.

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    1. Però, osservare le vite di chi ci ha preceduto può aiutare a capire e comprendere le motivazioni di certi comportamenti. Dobbiamo studiare a scuola la storia del mondo, ma dentro di noi dobbiamo studiare la nostra storia personale.

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