Questo è il racconto di un sogno che ho fatto tanti anni fa, forse l’ho anche pubblicato in qualche mio libro.
L’ho recuperato da un vecchio post perché mi pare molto adatto a questi tempi bui.
Occorre solo capire da quale parte siamo…
Corriamo attraverso strade e vicoli bui sapendo di dover fuggire.
Siamo in tanti, ma ognuno deve pensare per sé, e lo sa.
Sappiamo che loro ci inseguono perché hanno fame.
Ci chiedono per pietà di lasciarci addentare.
Ma non possiamo dar loro soddisfazione perché sarebbe la fine:
diverremmo anche noi divoratori di vivi.
L’alba color ocra sbiadito e marcio comincia a schiarire il buio.
Siamo rimasti in due, vivi, in mezzo alla grande piazza.
Sul selciato ci sono soltanto mani, una mano, due mani, tre, tante mani mozzate ancora sanguinanti, e poi dita.
Tante dita, ma corpi non ne vediamo.
Poi all’improvviso un grido straziante richiama sul tetto dell’antico palazzo la nostra attenzione.
Ne è rimasto uno.
Brandelli di carne putrefatta che cammina.
Urla pregando di fermarci.
Noi fuggiamo.
Lui si butta dall’alto sul tappeto di mani e porfido durissimo.
Per un istante sembra finito.
Ma subito si rialza.
Ha troppa fame.
Raccoglie quel che resta del suo cadavere.
Allunga un braccio verso di noi.
Cerca una disperata fonte di sopravvivenza.
E noi…
Ricominciamo a correre.

Strano ma vero, il macabro è un elemento che accomuna moltissimi dei sogni che le persone fanno. Forse ci affascina, oltre a farci paura.
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Raramente faccio sogni di questo tipo, per fortuna.. Aahh.. Ma forse non è tanto macabro ma metaforico del vecchio innato maledetto istinto di sopravvivenza, che in questi tempi folli è sempre più forte… O così è se vi pare…
Se posso, mi astengo dalla corsa, cerco sempre di scappare altrove….
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