famiglia · qualche pezzo di me

Mio padre

Questo articolo fa parte di una serie che ho deciso di scrivere per dare una testimonianza in prima persona di quali possono essere i meccanismi per cui tante donne tacciono e subiscono quando vengono maltrattate.
Nel mio caso oltre alla giovanissima età (ho subito molestie sessuali da adulti durante l’infanzia e maltrattamenti dal mio fidanzato durante l’doloscenza,
come spiegato qui), avevo anche problemi in famiglia, pertanto devo spiegare quali erano.

In questo articolo ho raccontato la vita di mia madre da ragazza, oggi racconto quella di mio padre prima che la sposasse.

Mio padre era il primo di sette fratelli e mio nonno non lo amava poiché, a causa sua, aveva dovuto sposare mia nonna, altra persona che non ho mai conosciuto, così come non ho conosciuto alcuni fratelli di mio padre perché, quando sono nata io, erano già morti. Ho fatto in tempo a vedere che razza d’uomo era il papà di mio papà per pochi anni, (lui è morto quando io ne avevo settte), però mi è bastato per subire la sua malevolenza nei confronti del mio genitore che si riversava anche su di me, come potete leggere qui. 

Il nonno veniva da una famiglia che possedeva un albergo e noleggiava le carrozze con i cavalli, lui non lavorava ma sperperava la sua parte di patrimonio (anch’egli aveva diversi fratelli e sorelle) tra gioco, donne e alcol, lasciando moglie e figli senza un centesimo per mangiare, perciò mio padre dovette iniziare a lavorare a dodici anni per aiutare mamma e fratelli più piccoli.

Appena diciottenne mio padre partì per andare a combattere nella seconda guerra mondiale; per dodici anni rimase lontano da casa dove nessuno ebbe notizie di lui, finché non tornò con l’accusa di essere disertore rischiando di finire in galera; ma di questo fatto non so altro.
Lui era rimasto in Grecia con una donna dalla quale ebbe una figlia. Io non so che cosa accadde a quella due creature, perché mio padre tornò solo e, dopo qualche anno, sposò mia madre.
Venni a conoscenza della vicenda casualmente a sei o sette anni, quando, rovistando in un cassetto, trovai una foto che ritraeva mio padre giovane con una bella ragazza mora e una bambina piccola che somigliava a lui.
Dietro la foto c’era scritto: “a mio papà Dino. Ti voglio tanto bene tua figlia Olga” (aveva lo stesso nome di mia zia). Andai quindi da mia mamma a chiedere spiegazioni, lei rispose che nella foto c’erano la moglie e la figlia che mio padre aveva perso quando era in Grecia durante la guerra; però mi pregò di non farne parola con nessuno, perché lui non voleva che io lo sapessi.
Ero piccola e avevo già i miei problemi perciò obbeddii alla mamma.

Ho scritto in modo molto conciso e a grandi linee, (poiché anch’io ho informazioni sommarie), solo per far capire che anche mio padre arrivò al matrimonio con un passato sofferto e pesante alle spalle.

Questo passato pesò molto sulla nostra vita famigliare perché lui non riuscì mai ad allontanarsi dalla vita precedente; era un uomo buono e mite, ma trascorreva parecchio tempo al bar e divenne alcolista.
Sin da piccola lo vedevo tornare a casa traballante e malmesso; mia madre lo lavava e lo metteva a letto senza dirgli niente, perché era in pena per lui.
Pur avendo le mani d’oro nel costruire e riparare le scarpe, lavorava saltuariamente perciò mia mamma doveva mantenerci tutti e tre lavorando dalla mattina alle sei sino alle undici di sera, andando a fare le pulizie e lavorando a maglia in casa.
Lei non si lamentava mai, lavorava e ci voleva bene, però io vedevo la sua sofferenza quando mi mandava al bar a raccattare mio padre che non riusciva a tornare a casa da solo.
Lei era madre e anche padre per me, perché lui era sempre chiuso nelle proprie sofferenze precedenti; quando era ubriaco piangeva, parlava poco e non mostrava mai i suoi sentimenti nei confronti miei e della mamma, anche se avevamo la certezza che ci amasse entrambe.
Ancora adesso io ho difficoltà a farmi abbracciare e toccare, perché sono cresciuta con tanto affetto, ma senza abbracci.
Quando andavo a scuola le mie compagne parlavano di quello che facevano con mamma e papà, io parlavo solo di mamma anche se non facevamo niente insieme perché lei doveva sempre lavorare.
Abitavamo in una casa di ringhiera nel centro storico della città (Tortona, 30 mila abitanti), insieme ad altre famiglie povere come noi, e tutti i bambini crescevano tra il cortile e la strada dove passano poche automobili.
Però gli altri bambini sapevano di avere un padre, io lo vedevo ma non lo sentivo. Nutrivo rancore nei suoi confronti, talvolta mi faceva pena, spesso mi vergognavo di lui, un paio di volte gli ho anche detto quello che avrebbe dovuto dire mia madre.
Lui è morto d’infarto a 52 anni, e io solo in età matura ho capito le sue sofferenze, ma la mancanza della sua figura di padre mi ha condizionato molto la vita.
Non ho mai detto nulla delle molestie sessuali che subivo da piccola e neppure del mio fidanzato psicopatico perché volevo proteggere mia madre da altre sofferenze.
Quando mi sono sposata mio padre era già morto da un pezzo, ma io ho continuato a tacere le mie pene alla mamma; lei è morta senza sapere dei miei problemi matrimoniali, dei ricoveri al neuro, della malinconia che avevo nel cuore. Ho voluto continuare a proteggerla, ma forse ho sbagliato perhcé mi sono allontana da lei e l’ho lasciata sola ancora una volta.

Chiudo qui la mia testimonianza come donna che ha qualcosa in comune con le scarpette rosse, perché mi spezza il cuore raccontare queste cose, non per quello che è successo a me, ma perché ho tirato dentro i miei genitori per dovere spiegare.

Se scrivessi e raccontassi nei dettagli di tutte queste vite fino a giungere a me come sono oggi, credo che ne uscirebbe un libro di successo, ma non sono pronta a rivivere tutto e credo che non la sarò mai.

42 pensieri riguardo “Mio padre

  1. ho letto tutti i tuoi post in un fiato…mamma mia!!!!!! non ho parole!! davvero!!!! non so neanche cosa dire….spero solo che dopo tutta questa sofferenza la vita ti abbia regalato delle gioie, te la meriti più di tutti un pò di felicità! ti sono vicino e ti mando un caldo abbraccio!!!!!

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  2. Mi dispiace molto per quello che hai vissuto e per tutta la sofferenza che hai provato. Per motivi diversi, so cosa significa avere un padre assente e sentire quel vuoto. E so che poi intraprendere una relazione serena con qualcuno è difficile, proprio a causa di determinate paure. Ti auguro di trovare dentro di te una profonda pace e di non sentire più il peso, così vivo, del tuo passato.

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  3. Penso che conoscere le storie dei propri genitori (e come sono cresciuti) possa far capire molte cose.
    Tuttavia le ferite che hanno lasciato su di noi restano molto dolorose, indipendentemente dal fatto che volessero o meno farci del male.

    La bambina che sei stata ha dovuto portare un peso enorme sulle sue piccole spalle, pagando per colpe ed errori altrui.
    Quella bambina merita tutta la vicinanza e la comprensione.

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  4. Brutte situazioni.
    Aggravate dalla lettura dei tuoi anni di patimento col tuo primo ragazzo.
    Non so di che anno sei (e non te lo chiedo), ma sembrano le storie gotiche, narrate dai romanzieri inglesi del tardo ‘700. Non le riconosco come vissute da una ragazza che potrebbe avere più o meno la mia stessa Età…

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  5. Ho letto. Ho riletto. Se sei qui tra noi a scrivere ( e ti ringrazio per questa condivisione ) evidentemente devi avere rare capacità di sublimazione. Una luce ti abita e ti contorna. 🫂

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  6. Ho letto tutto quanto hai scritto compreso il tuo primo fidanzato, sinceramente non mi rento di commentare anche perché non ne sono all’altezza, posso solo ringraziarti per la condivisione di questa parte della tua vita

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  7. Ho letto anche il tuo articolo sul fidanzato. Sono davvero addolorato per te, per quello che hai dovuto subire e soffrire. Sono anche ammirato dal tuo silenzio per proteggere i tuoi genitori….in mezzo a tanto male sei stata una luce. Spero con tutto il cuore che la vita ti possa restituire almeno in parte l’amore che ti è stato negato e di cui avevi diritto. Faccio il tifo per te🙏

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      1. Siamo umani e facciamo sbagli. Il fatto che lo riconosci significa che non l’hai fatto con cattiveria e voglia di far male. Sento che hai un cuore ferito ma ancora capace di amare. ❤️

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  8. Io ti ascolto, anzi ti leggo, in silenzio. Un silenzio che non è indifferenza, non è disinteresse, è solo silenzio. Perchè solo chi tace può ascoltare.

    Non mi prendo nemmeno la libertà di abbracciarti (per quanto virtualmente), prudenza e rispetto me lo impongono. Però faccio quello che so fare: ti tengo d’ occhio. Con tutto l’ affetto che meriti.

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