
Volevo nascere “un animale”!
Magari un rospo che tenta di attraversare la strada senza farsi pestare, per arrivare dalla bella ed essere semplicemente baciato, senza trasformarsi in principe; forse una gatta dal pelo lucente, adorata da una padrona attraente, per formare una coppia irresistibile e seducente.
Magari un bradipo che SSS-corre lento le giornate arrancando da un ramo all’altro,
senza toccare mai terra per non perdere la propria dote di insetti opportunisti,
o essere proprio uno di quegli insetti opportunisti…
chissà che cosa pensano gli insetti opportunisti…
Chissà…
Non ricordo né dove, né quando, ma so che mi piacevano le aquile e i lupi in un’altra vita.
Forse sono stato uno di loro in quell’altra vita.
O forse no, adesso non lo so.
Non lo so ancora, o mai lo saprò?
Chissà…
E invece, adesso…
Adesso sto nascendo “un bambino”,
ma non so ancora che bambino sarò.
Sto uscendo dal ventre di mia madre che ancora non ho visto.
Lei urla di dolore, e spinge per liberarsi e liberarmi.
Io non faccio nulla, e non so che cosa farò.
Non so se sarò nero, bianco, giallo, o chissà quale altro colore.
Non so che sorte mi attende.
Non so se cadrò sulla sabbia di una savana avara di acqua e bollente di dolore.
Magari sarò accolto dalle braccia morbide di una Lady che mi accarezzerà un momento, e poi m’abbandonerà per sempre alle cure di una nurse premurosa per dovere imposto dalla causa materiale di guadagnarsi uno stipendio profumato di nobiltà.
Da umano dovrò affrontare una terra senza terra?
Un ghiaccio immenso di spazio?
Oppure l’asfalto puzzolente di una metropoli cenciosa, lussuosa, imperativa, fagocitante…
Chissà…
Ho ricordi nella mente,
tanti ricordi di vite trascorse,
o soltanto rincorse dentro corpi di chissà chi.
Chissà chi ero, chissà chi fui.
Un pastore,
tedesco o protestante.
Un pastore errante per tenere a bada un gregge di pecore.
O una pecora depredata del proprio vello, o il cane maestro conduttore di pecore.
Perché tutti questi ricordi, perché già conosco mezzo mondo?
Perché tutti questi perché, dentro i pochi secondi che mi separano dalla luce che intravvedo in fondo a questa galleria, che mi porterà via dal ventre liquido in cui ho nuotato beato per tanti mesi?
Quante vite ho avuto? Quante vite ho vissuto?
O no! Forse non le ho vissute. Le ho solo viste attraverso la mente di mia madre che mi ha portato in grembo sino ad ora.
Ma adesso ho paura, paura di sapere chi sarò.
Sarò UMANO! L’unica CERTEZZA che ho, ma so che NON volevo essere umano.
Piuttosto una pietra, un fiore, un riccio di mare.
Che destino mi toccherà, e che madre avrò?
E mio padre?
Chi sarà mio padre?
Un uomo premuroso, con me e con mia madre.
Oppure un essere abbietto che ci ha già abbandonati senza scrupoli né dubbi.
Magari mio padre non sa neppure che sto nascendo, forse non sa che mia madre aspettava un figlio da lui.
E io non avrò un padre come lo hanno gli animali per forza della natura o, se non lo hanno, è sempre per scelta della natura, mai per scelta personale.
Per questo volevo nasce animale.
Per questo adesso ho paura,
un’orrenda paura,
e non ho ancora deciso che cosa farò fuori da qui.
Fuori dal ventre di mia madre.
E devo deciderlo in questo istante.
Perché sto uscendo. Perché sto nascendo!
Devo decidere in questo istante se emettere quell’urlo oppure rimanere zitto.
Devo decidere se rispondere alla pacca sul culo che mi darà qualcuno per farmi respirare e ascoltare l’urlo liberatorio che mi donerà alla vita con somma soddisfazione degli astanti, o grande delusione dei presenti! Perché c’è la possibilità che taluno speri che io non respiri affatto, e vorrà liberarsi di me appena sarò bambino fatto.
Perciò ho paura ad emettere quell’urlo che mi dà alla vita.
Perciò ho paura di aprire questa vita.

Monologo teatrale scritto da Nadia Mogni alias Evaporata
Molto intenso…
Bellissimo.
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Grazie 😀
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We’ve woven a web, you and I,
attached to the world, for no matter
how long, inscribed, though poorly, for
scant eyes, still, as bright a love aura as
has ever glowed, tightly wound around
our hearts, yet soaring miles above
Moodeung’s fog to warm cold February.
Sparks fly off a round-rock fire rarely seen
in these parts. We laugh, it feels like we
shouldn’t be here on a cold winter night,
just a few meters from trails so packed
during the day. This charge will never
leave. We’ve marked this space but must
go to where the stars shine, deer run, art springs.
Keep my heart in your brain, words in your hair.
Matched lifelong yearning bursts in my hand,
fluorescent. Quick, pack what you need, let’s
flee! live life in the positive zone, expand
what we enjoy together, bound by the luck
that brought us this far. Where to next?
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Biologicamente parlano si nasce animali, tutti, poi è una questione di preferenze e affinità. Il dramma (o se preferisci la commedia) trova le sue fonti dal fatto che rifiutiamo questa origine.
La colpa è condivisa, la si può imputare a un imprinting che ci inculca un senso di superiorità, senso che peggiora col tempo fino a diventare estraneità, la si può imputare ad alcune religioni che vanno per la maggiore, le quali vedono nel bipede implume lo scopo ultimo dell’universo, e la si può imputare anche a una nostra parte di insopprimibile superbia.
Era destino che nascessimo così, quel che possiamo fare è cercare di passare senza peggiorare la situazione.
🙂
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Ho solo un desiderio per questo Natale: morire adesso con un colpo secco senza soffrire. Chiedo troppo?
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Capita spesso di desiderare di morire in quel momento, con un colpo secco, sia nei momenti deprimenti in maniera insopportabile e sia nei momenti felici in misura ineffabile, è un desiderio quasi logico. Ciò che non sappiamo è se quelli che hanno avuto realizzato quel desiderio ne siano rimasti pienamente soddisfatti.
Coraggio, non passerà. 🙂
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L’ha ribloggato su My3Place.
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