Dopo due settimane di stress therapy piuttosto intensa a causa dei ponti festivi, (che per me significato doppio lavoro), culminata con quest’ultimo w.e. massacrante, mi trovo in uno stato di profonda prostrazione mentale.
Niente di nuovo per il mio carattere, ma più vado avanti più mi domando se vale la pena di vivere così. Negli ultimi anni vivo per lavorare. E basta.
In questo periodo un’affermazione simile può dare assai fastidio a chi un lavoro non l’ha, oppure lo ha perso, o peggio ancora se la passa male da sempre. Capisco.
Capisco! Però devo rimarcare che tra lavorare senza vivere e vivere senza lavoro la differenza sta solo nella forma di frustrazione cui siamo sottoposti.
Elucubrazioni S-profonde queste. Ma in ogni caso il pensiero principale è: che fatica stare al mondo!
Detto da una che non se la passa per niente male è certamente un’eresia.
Detto da una che non se la passa per niente male per il semplice fatto che riesce a guadagnare i soldi per pagare il mutuo, fare la spesa, pagare le bollette e tutto quanto serve per essere definita “persona rispettabile”.
Sorvolando sul fatto che questa persona rispettabile soffre dalla nascita di solitudine cosmica, solitudine terrena, malinconia cronica, estraneità totale alla categoria degli umani, e desidererebbe non aver mai messo il naso in un mondo in cui le creature dominanti sono dannose per l’ambiente che occupano – disagi psichici ai quali ormai sono rassegnata – resta l’interrogativo punto di domanda alla fine della frase: per che cosa sto vivendo.
Risposta: sto vivendo solo per lavorare. Lavorare per che cosa l’ho già detto, e non è il massimo delle mie aspirazioni.
Vediamo allora che cosa posso rispondere alla domanda: lavorare per chi?
Se si lavora per far del bene, per rendere servizi a chi ne ha vera necessità, per migliorare l’ambiente, il mondo, alleviare le sofferenze o altri scopi simili sarebbe almeno gratificante.
E invece no. Anche qui purtroppo la mortificazione è profonda.
Nonostante la mia professione si svolga in un settore dove la quotidianità è costituita dalla gestione dello svago di persone che vivono in modo più che decoroso se non addirittura agiato, in un ambiente visivamente suggestivo, apparentemente sereno e non faticoso fisicamente. Dove sembra che recessione, fame, guerra, ecc. siano parole quasi sconosciute, e quindi mi porrebbe in una posizione privilegiata rispetto alla maggior parte delle persone comuni, nonostante tutto questo io mi sento avvilita.
Il motivo sta nel fatto che la mia sensibilità animale non riesce ad accettare la forma di cecità che regna in certi ambienti. Una cecità che occulta la consapevolezza dell’esistenza di una grande quantità di creature viventi oggettivamente oppresse dall’agiatezza di tante altre.
Fuori da me, fuori da casa mia, fuori dall’habitat che frequento per stato di fatto, vedo e non posso fare a meno di assorbire per osmosi tanta sofferenza generata dalla sperequazione imperante in ogni settore planetario. Vicino e intorno a meno vedo e non assorbo, ma soffro gli sprechi, la superficialità, il menefreghismo, l’arroganza con cui viene ignorata la gran parte di “altri noi” meno fortunati di noi.
Ecco perché questa mattina mi domando per quanto tempo riuscirò ancora ad impormi silenzio e rassegnazione?
Ah! Casomai qualcuno volesse obiettare che questo mio parlare è come sputare nel piatto dove mangio, rispondo che con il culo che mi faccio la maggior parte delle volte è il piatto che mangia me.
Passo sola ora,non mi sono dimenticata di te , ho avuto qualche problemino ,mi sento di commentare così:
purtroppo l’essere umano non è quasi mai soddisfatto chi ha il pane non ha i denti dicevano i nostri vecchi, ma ancora oggi e forse molto di più siamo insoddisfattiora che abbiamo tutto di tutto ,forse l’unica cosa a cui teniamo tutti è la salute ,credimi è l’unica cosa che se ci manca ci farebbe trovare un senso anche nel caos del lavoro per vivere e vivo per lavorare,io lo so ho passato 40 anni chiusa in fabbrica e mi chiedevo spesso e volentieri ma che cavolo di vita è questa, entravo con il cielo scuro del mattino e d’inverno uscivo con lo scuro della sera,però son passati gli anni ora sono a casa, ma mi manca la salute sai… tornerei pure indietro per certi versi…però ti capisco e la soluzione la devi trovare solo dentro di te per stare un po serena ,io te lo auguro .ciao un abbraccio .
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Non ti avessi conosciuta di persona Manola, non crederei che tu esistessi veramente! 😀
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Conosco bene la tua forza e anche le tue vicissitudini. Sai che ti ammiro per tutto quello che riesci a fare e trovare di bello, nonostante la tua vita molto difficile. Purtroppo ci sono vite che nascono storte, crescono storte e di contorcono sempre più per riuscire a radrizzarsi. Spesso non ci riescono, spesso assumono forme strambe, spesso non ce la fanno a continuare. E non è sempre questione di sfortuna, fatica, a volte c’è qualcosa che viene da molto lontano e non è governabile in nessuna maniera.
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Solitudine cosmica: celo
solitudine terrena.celo
malinconia cronica:celo
estraneità alla categoria degli esseri umani:celo
lavoro: manca… ma per scelta personale
Ho quasi tutte le tue stesse figurine… in più ho una felice inquietudine, un antipaticissimo ottimismo, una garrullità fastidiosa 🙂
Se mescoli tutto insieme, vedi che sono mal messa anch’io
Ciao sorella 🙂
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Allora possiamo giocare a chi le lancia più vicino al muro. 🙂
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Capisco benissimo perché ci sono passata anch’io, anni fa. Tutti a dirmi che ero fortunata e io quando andava bene mi sentivo una cacca. Sono passati gli anni, e non dico purtroppo perché li ho vissuti, e anche tanta acqua è passata sotto i ponti; lo sai cosa mi ha salvato? Insegnare musica a costi sotto il minimo, di solito rimettendoci, ma con gli allievi che se ne vanno con gli occhi luccicanti e mi ringraziano ogni volta per la lezione. Voglio dire che se fossi più giovane questo forse non mi basterebbe, ma oggi so che non è il lavoro che fa vivere: è il lavoro gratificante. Altrimenti si tira avanti. E male.
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Ecco ha proprio detto la cosa giusta, io tiro avanti e vivo male. Quando ero precaria e per arrotondare lo stipendio misero facevo la lavabicchieri o la barista in discoteca non sapevo se sarei riuscita a pagare l’affitto il mese successivo, ero in ansia e molto preoccupata, ma ero sempre pronta ad uscire la sera, stare con gli amici e divertirmi, adesso arrivo a casa svuotata interiormente, con il cervello in fumo e il morale sotto i piedi. Spengo il telefono per non sentire nè parlare con nessuno, mi rincoglionisco sulla poltrona a non guardare la televisione, vado a letto alle 3 di notte e invece di dormire sono devastata dagli incubi.
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E sai, ci soffro a sentirti così perché so come si sta. Ma ti auguro di trovare una ragione che ti faccia sorridere alla vita. E se hai bisogno di un po’ di musica, fammi un fischio! 😉
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Il pendolo di Evaporata.
Cerchi la conoscenza, uno scopo superiore per la tua vita, perché sei sicura che non possa essere unicamente il lavoro, quindi sei gnostica.
Poi invece dubiti che ci sia un senso in tutto ciò, disperi di giungere a una risposta sensata, consolatoria o illuminante, quindi sei agnostica.
Se ne deduce che il massimo comun denominatore per Evaporata = ostica.
E’ un destino, un percorso, un tratto? Mah… 🙂
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In tutti i casi la parola portante fissa è: ostica.
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in confusione e sottosopra come l’Italia delle immagini 🙂
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Esattamente.
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