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ASSOLUTAMENTE SI’

ASSOLUTAMENTE SI’:
L’intercalare più repellente di questi anni, e che ultimamente colpisce più gente delle epidemie ai tempi di colera e vaiolo.
Quando lo sento sto male e provo un senso di vergogna per la persona che lo ha pronunciato.
C’è chi in un discorso di quaranta parole lo ripete almeno venti volte.
E’ diventato più odioso dell’antico “cioè” del quale ricordo un divertente episodio accaduto quando frequentavo l’università.
Un compagno di corso era con me per sostenere l’esame di Storia del diritto romano, io stavo dentro l’aula poco lontano dal tavolo delle interrogazioni e lui era seduto davanti al prof il quale, dopo avergli chiesto il libretto, pose la prima domanda.
Il mio amico rispose esordendo con un sonoro “CIOE’” per iniziare il discorso.
Dopo tre decimi di secondo era fuori con il libretto in mano a piangere sconsolato.
E pensare che “le sapeva proprio tutte”.

Questo simpatico clochard invece espone un annuncio inossidabile, utilizzato da chiunque.

E’ un “modo di dire” del quale tutti noi ci serviamo quando capita l’occasione, fa parte di quel bel liguaggio universale che non passa mai di moda perché ha la forza esplicativa degli antichi detti da incidere sul marmo. 

5 pensieri riguardo “ASSOLUTAMENTE SI’

  1. Assolutamente vero (altro sconcio).
    Se è già sì non può essere più che sì (sìsìsìsìsìsìsì ?!?), e lo stesso vale per il no.
    C’è di peggio, comunque.
    L’attimino.
    Dopo l’attimo fuggente è stato inventato (da qualche segretaria zelante che credeva di essere “à la page”) l’attimino sfuggente.
    Esso sfugge dai denti falsamente sorridenti del commesso che va a pescare il nostro numero di scarpe in magazzino, dalle labbra sempre sorridenti della maestra d’asilo che, vista l’ambientazione, pensa che sia obbligatorio usare il diminutivo sempre, dalla bocca mai sorridente dell’impiegata delle poste mentre cerca di capire dove è stato imboscato il pacco che avevamo spedito agli amici un mese fa, dal nostro cordless, ancora non dotato di sorriso, mentre stiamo cercando di dimostrare la nostra totale estraneità nei riguardi di un cambio di gestore telefonico.
    Un attimo dura un attimo, cioè niente, è già passato. E’ come il punto: unidimensionale. E’ impossibile affettarlo, rimpicciolirlo, spaccarlo, eroderlo, restringerlo. E’ tempo perso.
    Anche perché, mentre ci stiamo lambiccando il cervello per spiegare tutto ciò a qualcun altro, questi, dopo averci compiamente ascoltato, si scusa con “un attimino…” per rispondere al telefonino.
    E’ tempo perso, appunto.
    Se gli attimini sono ormai come i pappataci, tanti, troppi, fastidiosi, ma tutto sommato innocui, più grave e deprecabile mi pare la leggerezza con la quale si usa quel temine spicciolo ed apparentemente amorfo e frivolo chè è l’Ambaradan.
    Se ci rendesse conto della genesi di tale termine ci si guarderebbe bene dal pronunciarla, in quanto essa dovrebbe essere di monito e smentita a quanti credono al falso aforisma “Italiani, brava gente”.
    Ambaradan nasce da uno dei più turpi episodi delle nostre guerre coloniali fasciste, una pagina nera strappata dai libri di storia per farne coriandoli.
    Bye

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    1. Caro Stelio mi mancavi tanto con i tuoi commenti ricchi di stile e di informazioni preziose per me.
      Credo che il problema maggiore nei dialoghi quotidiani sia innanzitutto la deleteria influenza della televisione, luogo comune che purtroppo batte il tempo dei nostri usi e costumi lessicali.
      Una discreta importanza l’ha pure la pigrizia che tutti abbiamo di imparare, o cercare nel nostro vocabolario mentale, termini alternativi.
      In compenso usiamo in modo assai disinvolto vocaboli stranieri che inseriamo nei discorsi quando ci manca una “parola”.
      Sono sempre più convinta che la spesa “superflua” migliore che possiamo fare, per la nostra casa, sia un dizionario dei sinonimi e dei contrari ed un vocabolario aggiornato.

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      1. Non farebbe male neanche un dizionario etimologico.
        Tra i varie spese “superflue” mi è molto utile il “Dizionario degli errori e dei dubbi della lingua italiana” di Barbara Colonna – Grandi Manuali Newton – ISBN 88-8289-561-0 , una vera fonte di piacevoli sorprese, anche se l’Alessandro nazionale diceva che le regole della lingua le detta “il signor uso”.
        Kiss

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  2. prima di tutto un applauso con standing ovation al professore che l’ha buttato fuori. Aggiungiamo al soffrire anche il “piuttosto che” scambiato per “oltre che”, oppure “esatto” al posto di altre affermazioni dal “sì” al “Eh, certo!”, “certamente”, “è proprio così” ecc. ecc. Frenare la collera in questi casi viene proprio difficile.

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