Thò!

E’ il gesto che mi prendo sul muso ogni primo maggio da dodici anni a questa parte.

Gesto che questa mattina mi è puntualmente stato propinato, appena entrata nel luogo in cui lavoro, con una sgarbata quanto futile lamentela, da chi oggi è qui solo per svago e sollazzo.

Niente di personale, ma è il pubblico che servo ad essere incline verso questo stile comportamentale, che lo caratterizza tutto l’anno, e sembra più marcato nella giornata in cui, teoricamente, chi lavora dovrebbe essere celebrato.

In questi ultimi anni, ottene e mantenere un lavoro sappiamo che è un provilegio che tanti sognano. Ogni giorno la cronaca ci propone la disperazione di persone che stanno perdendo o hanno perso tutto ciò che avevano, poco o tanto che fosse. Quindi non intendo lamentarmi perché tutti i festivi e prefestivi dell”anno io sono, per contratto, obbligata ad essere presente in ufficio.

Mi piacerebbe soltanto che coloro i quali godono di alcuni privilegi non considerino le persone come me automi di materiale inerte, senza “parti molli sensibili”, da strumentalizzare a proprio piacere ed, eventualmente, appellare sgarbatamente tanto per scaricare il peso di noiose giornate trascorse a pensare come impiegare il tempo perennemente libero dato dallo status di benestante per nascita, benestare altrui, botta di fortuna o botta in culo.

Termino la piccola cronaca di questo inizio di maggio duemiladodici, augurando buon riposo a chi fa festa, buon lavoro a chi lavora ma soprattutto dare un abbraccio consolatorio, benché inutile per la soluzione dei problemi, a coloro che in questo momento si trovano in gravi difficoltà economiche e sociali.