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Camminando mi collego #sopravvissuta

Ho già manifestato in qualche post la mia difficoltà a tenere la mente sintonizzata dentro il corpo.

È un’anomalia che mi segue dalla più tenera età, probabilmente attivata per superare certi traumi.
Questa senzazione si chiama depersonalizzazione e io ne soffro dall’infanzia, ricordo perfettamente come e quando l’ho sentita per la prima volta, non avevo ancora compiuto sette anni.
Stavo camminando all’indietro, così per gioco, improvvisamente fui colta da un turbamento sconosciuto e agghiacciante: sapevo il mio nome e dov’ero, ma non mi riconoscevo in quell’essere estraneo a me, dentro quel corpo, in un luogo già visto ma per me straniero.
Quello fu l’inizio delle mie anomalie mentali diurne.
Dall’età di tre anni soffrivo di turbe del sonno, incubi e qualche volta sonnambulismo ma, fino a quel giorno, nel tempo di veglia la vita era stata “normale”.
Mi spaventai terribilmente e corsi a casa per cercare qualcuno o qualcosa che mi riportasse in terra.
Chiesi a mamma se aveva già deciso il libro da regalarmi a Natale, lei rispose che era presto per pensarci e non fece caso al mio smarrimento.
Io, spaventata e sconvolta, non riuscii a raccontarle l’accaduto.
Il turbamento svanì, ma da lì in poi non mi abbandonò più.
Mi aggrediva in qualunque momento, qualunque cosa stessi facendo, mai indotto da una situazione precisa, succedeva in casa, mentre giocavo in strada, o mentre ero a scuola.
Ricordo che a scuola chiedevo alla mia compagna di banco di pizzicarmi, scrollarmi, tirarmi i capelli per farmi sentire quel corpo dal quale stavo fuggendo. Lei non capiva, perché non davo spiegazioni, e ridendo mi diceva che ero matta.
Per tentare di dormire senza incubi, a dieci anni cominciai a bere un grappino prima di coricarmi, ma mia madre si accorse di questo mio vizietto e fece sparire tutti gli alcolici.
Le mie notti e i miei giorni erano un continuo tormento.
Nell’età adolescenziale arrivò il primo fidanzato a distruggere completamente i miei tentativi di vita serena, mettendo nuovi pesanti traumi sopra quelli subiti durante l’infanzia, riuscì persino a porre in secondo piano le anomalie mentali.
Il calvario al quale mi sottopose finì poco prima dei miei vent’anni, quando lui se ne andò.
Pensavo che la libertà mi avrebbe permesso di iniziare una vita della quale avevo perso i primi due decenni, ma le mie speranze furono deluse poiché le fughe dalla realtà, la solitudine cosmica, la ricerca di una me mai trovata, l’irrequietezza, l’instabilità emotiva, mi hanno portato a vari ricoveri in ospedali neurologici, a incontri con innumerevoli psicologi e psichiatri.
Sono stata e sono tuttora, sotto psicofarmaci. Tantissimi provati e abbandonati quasi subito a causa dei devastanti effetti collaterali che mi hanno regalato nel corso degli anni, problemi fisici come spasmi muscolari, perdita del senso dell’equilibrio e di una buona percentuale dell’udito, diminuzione della vista e altri fenomeni passeggeri che non sto ad elencare.

Gli incubi e la depersonalizzazione sono i disturbi che soffro maggiormente e che non riesco a dominare, a tutto il resto ho fatto l’abitudine e ne ho il controllo, ma la vita per me è una pesante fatica.
Avendo un malattia che c’è ma non si vede, per mantenere decorose relazioni sociali, lavorare, o semplicemente “vivere” mi serve tantissima energia mentale.

Tuttavia, imparando da piccola a contare solo su me stessa, sono sopravvissuta a tante guerre, l’istinto di conservazione mi ha fatto sviluppare salvavita che porto avanti tuttora.
Camminando collego il corpo con la mente.
Lo stesso succede quando mi alleno in palestra e quando mangio.
Talvolta anche quando faccio l’amore, se m’innamoro almeno per un paio d’ore.

La mia unica fortuna è di avere un fisico eccezionale, infatti nonostante tutti i veleni introdotti, l’alimentazione un po’ disordinata e la mancanza di riposo dovuto alle turbe del sonno, ho una salute di ferro e una resistenza alla fatica da far invidia a qualunque Ironman.

Ho scritto tante storie fantasiose e surreali pubblicate anche su libri che però hanno avuto scarso successo, credo che se pubblicassi un penoso libro intitolato “Le mie vacanze al neuro”, otterrei molta più attenzione.

Ah, se vi state domandando per quale motivo non ho mai cercato aiuto in famiglia, è perché i miei genitori avevano altri problemi da smaltire ed io non volevo appesantirli con i miei.
Mia madre, rimasta vedova, non ha mai saputo nulla dei miei ricoveri perché ero già fuori casa.
Ma questa è una parte di vita che racconterò in un altro momento, se ci sarà il momento.

43 pensieri riguardo “Camminando mi collego #sopravvissuta

  1. Non voglio essere quello che fa la voce fuori dal coro, hai mai considerato che si tratta di un dono? Spesso quando qualcosa non rientra nel massimo comun divisore dell’immaginario culturale collettivo viene timbrato come una anomalia.
    E normale provare sgomento spece se si e ancora bambini, e se chi sta intorno non comprende di cosa si tratta se non eslusivamente derivato da un punto di vista /approccio di tipo medico.
    Ho un’amica che ne ha subite di cotte e di crude, lei percepisce le parole ed anche suoni e rumori sotto forma di colori, quindi una discussione per lei e un continuo saliscendi di nuvolette colorate, una frenata improvvisa , il rumore di un martello pneomautico è una nebbia di fumi scuri.
    Per anni ha creduto di essere affetta da una patologia debilitante en imbarazzante, oggi sa di essere speciale, una sorta di empatica, in grado di vedere lo stato d’animo di una persona semplicemente ascoltandola..
    😉

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  2. Mi dispiace moltissimo che tu abbia dovuto provare queste cose. La vita, la sorte, la fortuna (chiamala come vuoi) è a volte spietata. Non so se ti può consolare, ma ciascuno di noi ha avuto la sua (o le sue croci). Fai bene a reagire. E il tuo fisico sembra forte. Vai avanti e non mollare mai. Il blog poi penso sia un bello sfogo. La gente ti legge e comunica con te (e fa il tifo).

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  3. Li ho anche io. So quanto siano terribili. Il mio primo a sedici anni e me lo ricordo benissimo. per un po’ non mi sono più venuti poi hanno ripreso e con linterferone sono diventati pazzeschi…. La paroxetina mi aiuta e non poco. Sono una cosa molto brutta. Ti sono vicina. Un abbraccio fortissimo😘

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  4. sono spesso le malattie invisibili agli altri ad essere le più dannose e difficili da trattare, anche perchè chi è al di fuori tende a sminuirne l’importanza. Sei consapevolmente determinata ad affrontarla da sola e fai doppio sforzo, dunque un urrà al tuo bel fisico che ti aiuta a sostenere il peso…Baci Nadia!

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  5. Il tuo percorso di consapevolezza è straordinario. Immagino che sia una lotta continua tra te e te e deve essere molto faticoso, ma sei riuscita a trovare in te stessa le risorse, le azioni che ti aiutano a stare meglio e questo non è un processo scontato. 💪🏻❣️

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      1. Forse il processo di ascolto che hai fatto e che, probabilmente, continui a tenere attivo su te stessa ha rinforzato e … come dire… ha sviluppato un grado di empatia maggiore rispetto agli altri.

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  6. Dev’essere una sensazione tremenda, non riesco ad immaginare quello che puoi provare. Ma capisco che tu non me abbia mai voluto parlare con la tua famiglia e devi essere fiera di te stessa per aver imparato a gestire questi momenti. Sono cose che segnano nel profondo, soprattutto perché hai iniziato a conviverci dall’infanzia. Ti abbraccio❤

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      1. Ho provato qualche psicologo ma non ne sono mai uscita convinta…
        Per me il dedicarmi alle cose creative (farle come guardare quelle altrui) è l’unica cosa che lenisce un po’, perché sublima le negatività e allontana la mente dai pensieri negativi automatici… Non fa miracoli, assolutamente… è solo utile per tenermi “tranquilla”, ma il mal di pancia è sempre dietro l’angolo!
        Comunque concordo, i pensieri sono alla base… bisogna riconoscere quelli negativi e non farsi carpire con la forza di cui sono capaci! è il mio percorso di vita, non finirà mai…

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