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50 Sfumature color pisello

Vista l’enormità di accuse per molestie sessuali a carico di uomini famosi, e la manifesta sofferenza di signore o signorine vittime di tali presunti usurpatori, stupratori, sporcaccioni ricattatori, sarebbe interessante capire perché le vittime vanno in tv a testimoniare piangendo e non in caserma a far denuncia (magari al momento dei fatti, non dopo anni).
Per cavalcare la speranza di visibilità mediatica potrei rivelare anch’io molestie subite in tanti anni di frequentazione sui social network dove, senza alcuna richiesta da parte mia, ho ricevuto un cospicuo numero di cazzi virtuali come già raccontato in questo post

Trofeo Penis

O, meglio ancora, potrei pubblicare un libro intitolato “50 sfumature del cazzo”. Probabilmente avrei anche speranze di successo scrivendo la mia storia vera, considerando che il primo approccio carnale mi fu imposto, quando avevo cinque anni, da un quarantenne del rione che prolungò la pena sino all’inizio della mia adolescenza. In quegli anni non mancarono neppure variazioni sul tema offerte dal signor Testone, un artigiano del quartiere che m’invitava nel laboratorio per mostrarmi quanto era lungo il suo arnese nascosto sotto il grembiule da lavoro, o dal tenero Giò un ragazzo che mi aspettava nascosto nel giardino dietro casa con i pantaloni abbassati. E come dimenticare i pomeriggi trascorsi a difendermi dall’amante della signora Ginella che, con la sua complicità, mi proponeva di giocare nella loro camera da letto anziché con i figli miei compagni di scuola elementare. E poi i cazzi estemporanei proposti dal muratore che riposava sui sacchi di cemento, o dal fratello grande di Teresa, e dal prete saltafossi. A seguire le sberle quotidiane come il pane somministrate, per ben sei anni di terrore, dal fidanzato psicopatico assai più grande di me. Mi fermo all’adolescenza, il periodo più sofferto, poiché l’unica scelta era scalciare come un mulo e scappare in bagno piangendo per non farmi vedere da mamma che aveva troppi problemi da risolvere con papà ammalato di alcolismo e senza un centesimo in tasca. Le denunce? Sì, ci furono, ma, sapete, in condizioni sociali indigenti, lontane dai riflettori, guadagnai soltanto minacce di morte e una nomea negativa in quella piccola città di provincia. Successivamente, con più forza sulla pelle, imparai a gestire in scioltezza le molestie e i cazzi non richiesti, perché la dura scuola imposta sin dall’infanzia mi aveva insegnato a difendermi.
sola

…Tutto qui? Beh, potrei concedermi con approfondimenti e dettagli, su invito di Bruno Vespa, a Porta a Porta.

61 pensieri riguardo “50 Sfumature color pisello

  1. Ci sono una infinità di piccoli sofferenti silenziosi, vittime di pedofili,maltrattamenti, stupri e continue violenze protratte per anni, francamente poco mi importa se la bella Caia vent’anni dopo accusa Tizio di avergli messo una mano sul sedere, e lo fa su FB , sostenuta dallo sdegno dei suoi fans .

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  2. Saranno una cinquantina di righe, ma è come se tu avessi condensato in questo stringato resoconto tutta la cantica dell’Inferno.
    Mi trovo costretto a commentare questo tuo doloroso testo, mi obbligano il senso di colposa appartenenza al genere maschile, la pena che si prova dinnanzi a qualcosa di prezioso che è stato irrimediabilmente rovinato, e lo smarrimento per la scoperta di una certa superficiale ignoranza che trova ancora radici in un modo di pensare arcaico.
    Potrei odiare coloro che ti hanno strappato la gioia dalla vita, ma si può odiare solamente ciò che si comprende, che ha forma, limiti, misura, paragone. Il male no, non è possibile odiarlo; egli è forte, infinitamente forte, irriducibile, indefinito e infinito, ed è lui a odiare noi.
    Il male, perfido burattinaio, sta dentro di noi come un cancro o una missine, e ci fa ballare la sua macabra danza; il male, implacabile celeuste, detta il tempo dei nostri disastri, urla ordini al cervello incatenato al remo delle voglie, esorta, incita, pretende, e la marcita imbarcazione nel suo forsennato procedere travolge ogni cosa, la corrompe, la rovina, la stritola, la distrugge.
    Troppo indifesa egli ti trovò, una piccola farfalla capitata in una buia cantina di mille ragnatele.
    Buia, perché a niente di quel che vi avveniva era concesso di venire alla luce, buia perché nera era la mente di quei ragni che ti paralizzarono con il fatto di essere “grandi”, e perciò invincibili, e poi succhiarono via la tua innocenza, buia perché mai più un sole primaverile sarebbe riuscito a bucare le nere nubi del tuo cielo per schiudere le corolle dei fanciulleschi sogni.
    Si fa un gran parlare di come gli islamici dimostrino la loro misoginia dal modo come trattano le donne (invero un modo indegno), ma dubito che noi ci si possa sentire migliori quando, da sempre, non da ieri, si fa con il corpo delle bambine e delle fanciulle ciò che non si farebbe nemmeno al nostro peggior nemico. Costoro le usano come fossero bambole di pezza, giocattoli la cui esistenza è giustificata solo dal macabro divertimento che se ne può ricavare, piccoli esseri privi di consapevolezza, sfogatoio di voglia di potere assoluto, scappatoia dalla paura dell’impotenza, vendetta contro il femminino che tutto pervade, e rituale di appartenenza al maschile eterosessuale.
    Invece quelle bambole sono di carne e sangue, dolore e lacrime, paura e memoria. La carne crescerà, ma le ferite non si rimargineranno, resteranno aperte, sottopelle. Per non essere più spaventate dal dolore si benderanno gli occhi, e ciò le renderà cieche alla gioia. La paura e la memoria della paura saranno macigni che impediranno loro di spiccare il volo, e anzi appena possibile le freneranno, le faranno sprofondare in loro stesse.
    Mi riesce difficile comprendere come si possa, e non da oggi, accettare di far soffrire in tanta misura una persona innocente e indifesa, di farlo e di essere testimone diretto, e di come entrambi riescano a sopportarne le conseguenze.
    Forse mi sfugge qualcosa della mente maschile, forse c’è un baco nella programmazione in grado di far venire a galla delle pulsioni assurde, ma irrefrenabili, forse esiste ancora un imprinting sociale che spinge le bambine prima e le donne poi a sentirsi sottomesse, e forse è lo stesso imprinting subdolo a suggerire al maschio che tutto gli è concesso per diritto divino o naturale.
    Sono meccanismi strani, un po’ come quelli che portano il maschio eterosessuale a disprezzare il rapporto anale dei gay, ma allo stesso tempo sogna di inchiappettare la sua donna.
    Si potrebbero spendere altre parole per dimostrare sdegno, orrore, paura, condanna, ma a poco servirebbero. Ciò che possiamo fare è invece restare vicini a queste bambine ferite, bambine piccole e bambine grandi, sopportare le loro ubbie, i dubbi, le fughe, le chiusure, le incoerenze, le cadute, e una visione delle cose che mai potrà essere nemmeno lontanamente simile alla nostra.
    Ci fu un tempo nel quale esse erano dei meravigliosi oggettini di cristallo, adamantine e trasparenti come l’acqua, ma venne qualcuno a incrinarne la brillante struttura, le rese fragili e diafane, dei caleidoscopi emozionali. Qualsiasi persona siano diventate oggi, per tutto quello che hanno subito sono comunque uniche, perciò, abbiatene cura.

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    1. Quei primi 20 anni di vita non li ho mai recuperati. Non so che cosa si prova stando in carcere ingiustamente per 20 anni in età adulta, ma starci ancor prima di iniziare a vivere è un fardello che impedisce di vivere il resto della vita

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  3. Non hai certo avuto un’ infanzia e un’adolescenza “leggera” e allegra e certi cazzi si
    sarebbe dovuto segarli per davvero.
    M’hai fatto venire in mente un episodio di quando andavo a scuola di lingue. Avevo 17 anni e dovevo aspettare almeno due ore in stazione per prendere il treno e tornare a casa. La mia amica ed io aspettavamo nella sala d’aspetto di seconda classe, facendo i compiti su un enorme tavolone al centro della stanza. Una sera, vicino alla mia amica si sedette un tizio che allungò le gambe sotto al tavolone e dopo un po’ la mia amica iniziò a tremare e ad accostarsi a me. Mi fece notare che il tizio si era slacciato i pantaloni e le lo stava “menando”, come si diceva allora. Saltai in piedi, brandendo a due manu il grosso vocabolario di tedesco e urlai: “Scostati che glielo spiaccico a quel porco”. Il tizio fuggì con gli attributi al vento, in mezzo alla gente meravigliata. Ci recammo subito dalla polizia ferroviaria raccontando l’episodio e i poliziotti ci fecero notare che c’era una saletta riservata alle ragazze come noi e gestita da signore adulte che si davano il cambio a sorvegliare che a noi ragazze non succedesse nulla. Comunque, da quel giorno, quando andavamo nel sottopassaggio per andare ai binari, avevo sempre il grosso vocabolario legato ad una cinghia e lo roteavo ogni volta che incontravo qualcuno di sospetto. Non fummo mai più molestate.

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      1. hai fatto bene a parlarne se e’ servito ad alleggerirti anche per un attimo dal grande peso che ti porti dietro ❤

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  4. non è facile smarcare certe insidie quando si è giovanissime e smaliziate, ma tutto serve per imparare coll tempo a non fidarsi troppo di chiunque… denunciare qualsiasi tipo di molestia sarebbe indispensabile, ma quando si è timorose per innocenza si pensa di non essere neppure credute o si ha semplicemente vergogna di affrontare il problema già in ambito familiare. A qualsiasi età, di certo, noi non avremmo sicuramente lo spazio mediatico di certe attrici; il problema è identico ma con opposta attenzione di pubblico, che in questi casi sfodera talvolta le peggiori e pruriginose illazioni

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      1. ne hai piena ragione, ormai si strumentalizza ogni cosa, e si è visto anche in più casi, anche la morte…rabbia e disgusto nascono nelle persone comuni che sanno ancora distinguere tra le notizie false le verità

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  5. Mi dispiace! Non lo sapevo proprio. Dovresti pubblicarlo a lettere cubitali su tutti i giornali così che certe facilone in cerca di successo possano vergognarsi e andarsi a nascondere davanti a chi la violenza l’ha vissuta davvero

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    1. Ci ho pensato, ma temo di fare torti a persone che ne sono uscite peggio di me o non ne sono uscite affatto. Già mi dispiace scriverne sul blog, che comunque è letto da poche persone che non mi conoscono, e l’argomento è così delicato che basta un attimo per essere fraintesi.

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      1. Io ho la fortuna di poter solo immaginarlo un trauma così,ma credo proprio che non faresti torto a nessuno,anzi:aiuteresti altre vittime a sentirsi meno sole. Credo che più se ne parli più si aiuta a tirar fuori il male e a curare in qualche modo la ferita.

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  6. Inqualificabili, gli uomini che ti hanno fatto violenza psicologica è non solo, quando eri una bambina o ragazzina. Mi vergogno di appartenere a questa categoria. Qualcosa si è fatto contro stalker e femminicidi ma forse non basta. Occorrerebbe lavorare su quei contesti di povertà mentale e reale, di ignoranza e omertà dove queste cose accadono con più facilità. Ammiro il tuo coraggio e la tua forza.

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  7. A parte la vena di leggerezza che qua e là vuoi far percepire, è piuttosto drammatico quello che scrivi, ma tutte le attricette, se si trovano a leggerlo, dichiareranno che fin da piccole per la loro bellezza sono state insidiate … tutte le donne, più o meno fanno esperienze del genere, da piccole, sul lavoro. Io mi sono sempre smarcata.

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      1. Non so se ci aspettiamo dalla famiglia quello che non può dare. Io mi sentivo così trascurata e fuori posto. In particolare ho sofferto perché non sono stata ben seguita per la salute. Forse sapevano fare solo quello.

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      2. Entrambi i miei genitori venivano da situazioni molto sofferte ed io, sin da piccola, mi sono sentita in dovere di proteggerli da ulteriori problemi, perciò non posso fare loro una colpa per non avermi seguita.

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      3. Due categorie da cui è meglio state lontani. Se ti dicessi come sono stata giudicata da una psicologa e da suo marito, lui davvero border-line. Lasciali perdere. Mangia e bevi alla faccia di chi ti vuole male.

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      4. Cara Nadia, rileggo ora la risposta che ti ho dato, forse un po’ a cavolo (per restare in tema). Quello che dici dei tuoi vent’anni è molto grave e le ferite saranno delle grosse cicatrici rugose ma adesso puoi solo passarci la mano sopra e sentirne la rugosità non sanguinano più e non tornare a riaprirle. Vai avanti forte come sei diventata.

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