QUELLA SERA
Ho qualcosa nel cuore che non so dire in questa serata sotto il cielo di ottobre in cui non fa freddo e la luna è pulita.
Parcheggiato davanti a un forno dove un uomo prepara pane e dolci per domattina, son seduto in auto con la portiera aperta, mentre fumo. Accanto a me c’è una donna che parla e io non sto ascoltando davvero ciò che dice, ma solo il suono della sua voce che mi culla, ed è la colonna sonora di un film che sta dentro di me.
Nelle immagini che scorrono ci trovo un po’ di tutto. Una sottile malinconia, la serenità, la consapevolezza, l’emozione, il disorientamento, l’euforia, il desiderio.
Fosse davvero un film, sarebbe una disastrosa accozzaglia di troppe cose messe insieme da un regista sconclusionato.
Ma il cuore è a volte più indulgente della platea di un cinema. Così non è insolito che navighi come una povera zattera alla deriva, incapace di governo, sbattuta dai flutti dei sentimenti in un mulinello difficile da descrivere.
C’è un campanile a lato di questa piazza, lo guardo e mi pare che la sua ombra punti proprio qui dove siamo, io, il mio cuore e questa donna così minuta eppure così grande che sembra ci trovi spazio tutto ciò che mi piace.
E’ difficile, sai amore…è difficile dirti che cosa hai scatenato. Non so dirlo neppure a me stesso e sono incapace di riconoscere che non capisco niente di ciò che dici, perché il mio orologio si è fermato, e tutto quello che riesco a fare è sentire la musica delle tue parole senza afferrarne il senso.
Ed è buffo…buffo davvero, perché ciò che mi ha portato qui, dove mi trovo ora, sono le tue parole scritte o pronunciate, e poco altro.
E’ passato tempo sai, tanto tempo. Tempo in cui ho ascoltato altre donne. Tempo in cui ho desiderato trovare rifugio nelle loro parole.
Poi, tempo in cui ho desiderato trovare rifugio lontano dalle loro parole.
E non ho mai trovato un posto dove sentivo che le mie spalle erano al caldo. Quella sensazione che hai quando senti che un posto è “casa”.
Ecco, forse, è intorno a questo che tutto il mio caos quieto sta girando. Scoprire che dovevo arrivare fin qui, seduto in quest’auto con lei, cinquanta chili e mani di bambina, per sentirmi al sicuro.
Per poter scegliere di non dare più importanza alle parole. Per coglierne solo la melodia. Perché qualunque cosa significhino, c’è la consapevolezza che sarà qualcosa di buono.
Ma qui, stasera, non sono capace di dirglielo. Perché è qualcosa più grande di me e solo pensarlo mi invade di una commozione grande come il cielo.
Così, non dico niente.
Chiudo la portiera dell’auto, la guardo mentre sorride e penso: “Vieni, bambina, andiamo a casa. Sarà una bella notte”.
Ciao 🙂 Ti ho nominata per un booktag 🙂 Per saperne di più clicca qui: https://unacontraddizioneambulante.wordpress.com/2015/06/04/booktag/
Grazie 🙂
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Non vedo nulla nella tua home page riguardo l’informativa sui cookies. Lo sapevi? ciao Dora
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Guarda meglio. 😀
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Caspita! Non l’avevo visto. Si vede che ero stanca da non connettere più. stavo facendo il giro per avvertire chi non sapeva. E ne ho trovati tanti. Bene, sono contenta di aver visto male.:-)
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No, forse hai guardato proprio poche ore prima che lo facessi. 😉
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Mi rincuora! Scopro di non essere così fusa! Gaudio! Esultanza! La demenza è ancora lontana! 🙂
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Ben scritto e bello!
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😀
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